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A volte lo specchio diventa uno scettro: riuscire a dominare sull’immagine che lo specchio riflette fino a renderla perfettamente calzante all’immagine che vorremmo riflettesse diventa un grandissimo atto di potere. A volte lo specchio diventa un trono: l’unica cosa capace di far sentire qualcuno un vero re è un aspetto fisico impossibile da criticare, una forma fisica invidiabile, una bellezza tanto più ideale quanto più fittizia. A volte lo specchio diventa un idolo: qual è il vero obiettivo da perseguire? Essere belli, a tutti i costi. Qual è la invincibile divinità da adorare e davanti a cui prostrarsi? La Bellezza. Una Bellezza che troppo spesso coincide con modelli irragiungibili, falsi e pericolosi. Come si combatte, contro ciò che di sé non si ama, per essere degni di essere considerati davvero belli? Tutte le armi sono lecite. Perfino affilatissimi bisturi da usare rischiando, a volte, anche di esagerare.

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“Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”: quante donne se la sentirebbero di porre davvero questa domanda allo specchio che ogni mattina le saluta, da sopra il lavandino, mentre appena sveglie si sciacquano il viso? Probabilmente molto poche. Perché? Perché a moltissime donne quello specchio, più che per salutarle, sembra messo lì soltanto per giudicarle. Lo specchio diventa così un giudice impietoso i cui verdetti non lasciano mai scampo ad un’assoluzione: specchiarsi? Come mettersi sul banco degli imputati. Senza nessuna presunzione di innocenza. Tutto questo perché in realtà lo specchio non diventa altro che l’esasperazione dei propri occhi che, con criticismo, sono sempre pronti a scrutare ogni difetto fisico che si ha o si è convinti di avere. L’immagine diventa il valore per eccellenza e, naturalmente, non si tratta di un’immagine qualunque: il diktat assoluto è essere sempre impeccabili, bellissime, in forma smagliante, dalla pelle perfetta e dal fisico scolpito. Lo specchio, però, ha il brutto vizio di riflettere anche le cose che non vorremmo vedere: quando non accettiamo il nostro aspetto ecco che allora rifiutiamo il nostro riflesso. Lo specchio negato diviene dunque emblema della non accettazione del proprio corpo e del marasma di insicurezze e mancanza di autostima che ne deriva.

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Soltanto una superficie liscia, in vetro, capace di riflettere: ecco cosa dovrebbe essere uno specchio. Soltanto un oggetto, un accessorio, qualcosa di cui servirsi. E non qualcosa di cui essere servitori. Eppure, lo “specchio”, si carica di significati, diventa l’emblema di tutto ciò che la nostra immagine è e di tutto ciò che la nostra immagine rappresenta. In un’era dove l’immagine è tutto (o quasi) come potrebbe lo specchio non diventare quasi un oggetto di culto? Lo specchio osannato diventa così simbolo  di una cultura che elegge l’aspetto esteriore a re indiscusso. Alla domanda “essere o apparire?” sembra sempre pià facile non esitare affatto nella risposta.

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